Sineddoche
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Consiste nell'esprimere
una nozione con una parola che, di per sé, denota un'altra nozione,
e questa ha con la prima una relazione "di quantità"
(come quando si nomina la parte per il tutto e viceversa, il singolare
per il plurale e viceversa, la specie per il genere ed il genere per
la specie). {Garavelli}
Uno spostamento della denominazione della cosa che si intende sul piano del contenuto concettuale. Il limite originario può venir superato dalla denominazione della figura, o può non venir raggiunto. {Lausberg} Dal greco "Prendere insieme". Ha un calco nell'italiano comprendere.
Per gli studiosi del Gruppo mi si ottiene una Sineddoche Generalizzante procedendo ad una soppressione parziale di semi. Per esempio dicendo "bipedi" per uomini, si cancellano dalla lista di predicati che identificano tale specie alcuni attributi, alcuni tratti specifici degli esseri umani. La differenza con galline o dodi viene così meno. Anche nel caso di questo schema, è il contesto nella quale viene usata a prescriverne la comprensibilità. E' una figura del discorso colloquiale, chiunque la usa molte volte ogni giorno senza porre coscienza nel farlo. La Sineddoche evidenzia una funzione particolare del nostro linguaggio come sistema di rappresentazione del mondo. Per riferirci ad un determinato individuale (una cosa, "quella cosa lì") senza l'aiuto di indici non linguistici (ovvero di un dito o di una bacchetta), siamo costretti a nominarlo con un attributo ad esso specifico, ossia che lo raggruppi in una collezione più o meno vasta. Il contesto di enunciazione fungerà allora da sfondo dal quale distinguere appunto tale oggetto, per differenza, dagli altri. Il grado di genericità col quale compiamo tale riferimento è quindi prescritto solo in linee molto generali dalla nostra grammatica mnemonica, e solo un costante riscontro tra situazione concreta d'uso e risposta dell'interlocutore reale ci permetterà di "correggere il tiro" nel caso di un'incomprensione. (Siamo sicuri di saper soddisfare l'ambigua richiesta "Trova di ché mangiare a quest'uomo" con facilità?) Ciò non esclude quindi che ciò che per qualcuno, un interlocutore familiare, sia considerato il modo giusto ed adeguato di etichettare il reale, per un altra persona sia un modo di parlare figurato. Non tutti distinguono il diverso essere della neve come il popolo degl'Innuit, troppi soppesano con cura e perizia modi di comportarsi non troppo dissimili tra loro, quali il bere dal tracannare o l'abbuffarsi dal mangiare. Continuare a vedere le figure retoriche come forme astratte ed altolocate che debbano essere volontariamente richiamate nel discorso è deleterio al cercare di ottenere una chiara comprensione di queste. Una figura è un modo codificato di riferirsi ad un procedimento mentale. Che la coscienza di tali processi conceda all'oratore un grande potere sulle proprie rappresentazioni, e la possibilità di un accesso controllato alle reazioni dei propri interlocutori, è solo il rimarcare che ben pensare è ben vivere ( e non che il ben parlare incrementi il proprio status sociale ). Il Perelman non sembra interessarsi a questa figura in quanto rinvio di denominazione. Lo affascina di più il distinguere dove sia vero che ciò che vale per la parte valga anche per il tutto, e dove ciò sia falso. Il calcolo delle classi ci porta davanti agli occhi l'arbitrarietà di questo procedimento, dissolvendo la differenza tra generi e specie in attribuzioni qualitative di oggetti. Se le sequenze di attributi siano vuote o già iniziate determinerà la genericità o specificità della predicazione .
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