1. Bloom, ovvero lo sforzo per
capirsi
Un buon progetto didattico che voglia sfruttare in modo intelligente le potenzialità della rete dovrebbe partire da una attenta analisi degli obbiettivi educativi che si vogliono raggiungere.
Molti anni fa, all'inizio degli anni '50, Benjamin S. Bloom scrisse in collaborazione con altri studiosi la sua famosa Tassonomia degli Obbiettivi Educativi (1, 1986). L'intento era squisitamente pratico: quello di raccogliere in modo empirico i criteri di valutazione adottati dai docenti quando dovevano - usiamo un termine che gode di sempre minor favore - "esaminare" i loro allievi. Una tassonomia è in parole povere una sorta di classificazioni standard in cui si è cercato di eliminare le ambiguità. Come potente effetto collaterale però, la tassonomia ha il pregio di chiarire e di richiedere un consenso generale su ciò che si vuole valutare, ovvero decidere quali siano i risultati dell'apprendimento che si vogliono ottenere, e cercare di stabilire con esattezza che cosa si vuole sottoporre a verifica. Si tratta appunto della cosiddetta definizione degli obiettivi educativi.
Il termine
tassonomia è mutuato pari pari dalle scienze naturali ed indica una
classificazione ordinata degli organismi animali e vegetali. Riunisce le varie
forme in gruppi via via più comprensivi, ad esempio: razza, specie, genere,
famiglia, ordine, classe, tipo, regno, in modo da poterle inquadrare in un
sistema che rispecchi il loro effettivo grado di affinità. Ecco la tassonomia di
base fornita dal Bloom (per la sfera cognitiva):
Vi sono certamente delle incongruenze
che sono state fatte rilevare e che si possono riassumere in tre punti: le
categorie non sono mutualmente esclusive, il sistema è eterogeneo e la
classificazione è convenzionale. Un altro punto spesso contestato è quello
relativo all'ordine di precedenza degli elementi nella tassonomia, per cui ad
esempio non esistono elementi determinanti per collocare nella gerarchia prima
l'analisi e poi la sintesi, o il fatto di porre al vertice la valutazione.
Infatti la gerarchia presuppone un crescente livello di difficoltà mano a mano
che si sale nella scala delle definizioni. Inoltre non si vede perchè
distinguere tre aree (la cognitiva, la psicomotoria e la affettiva): la lettura
di una poesia, ad esempio, rientra nella sola area cognitiva o anche in quella
affettiva? Alcuni recentemente contestano anche l’approccio lineare della
tassonomia, affermando che darebbe scarsa autonomia all’insegnante nello
stabilire cosa possa essere considerata un’esperienza valida per i propri
alunni. Questi, a loro volta si troverebbero parte scarsamente attiva nel
processo di apprendimento, costretto in una troppo rigida struttura
gerarchica.
Prendendo perciò solo come spunto la tassonomia cognitiva di
Bloom, cerchiamo di capire se l'introduzione di Internet nella scuola
inevitabilmente porti a ripensare la formulazione o quantomeno l'integrazione di
quelli che vengono definiti gli obiettivi educativi del curricolo e quindi ad
una nuova tassonomia che faccia da riferimento a delle nuove abilità.
2. Una Tassonomia degli Obbiettivi Educativi per l’Apprendimento in Internet
Molte ricerche, che si rifanno
soprattutto agli studi di Vygotsky (2,1986), sono state effettuate in questi
ultimi anni per verificare se un allargamento degli ambienti di apprendimento
con contatti al di fuori della struttura scolastica, poteva effettivamente
portare a dei risultati. Esse hanno portato ad avanzare l’ipotesi che queste
interazioni "sociali" possano portare a dei livelli di sviluppo cognitivo
altrimenti impensabili (3, 1989). Perciò, visto che Internet è soprattutto un
mezzo per comunicare, è utile fare riferimento ad una tassonomia
specifica in merito. Questa va intesa non solo come uno schema utile per
l’accertamento di abilità collegate all’interazione interpersonale, alla ricerca
delle informazioni, o all’apprendimento collaborativo (4, 1994), ma anche
come un vero e proprio percorso formativo, integrabile in quello scolastico
tradizionale.
Ecco quindi i 5
livelli di una tassonomia utilizzabile in una sperimentazione didattica che
voglia scoprire e verificare le potenzialità della rete.
Sono raggruppati in tre fasce che definiscono
rispettivamente
gli strumenti,
gli obbiettivi
e
le abilità
che sono necessarie per raggiungerli.
Il primo livello è quello
che vede la capacità di ricercare e selezionare le informazioni ed esplorare le
relazioni ipertestuali interagendo con del software (human-computer
collaboration) e adottando strategie efficaci per la ricerca delle
informazioni sia in ambiti strutturati, come le biblioteche in rete, sia in
ambienti ipertestuali presenti nella rete stessa. Strumenti: Browser
Web, Motori di Ricerca, Indici di Rete.
Il secondo, l'abilità
di interagire in modo critico ed attivo con altre persone, utilizzando la posta
elettronica (interazione one-to-one) e adottando una forma di
comunicazione asincrona. Strumento: posta elettronica.
Il terzo, la capacità di apprendere assieme ad altri (collaborative learning e interazione one-to-many) partecipando attivamente ed in modo critico alle discussioni nei forum, nelle liste di discussione e attraverso programmi di teleconferenza (comunicazione asincrona e sincrona). Strumento: Liste di discussione, IRC, CU-seeMe, NetMeeting.
È il caso di ricordare che
lo strumento utilizzato influenza il modo di apprendere e di insegnare:
un vecchio detto recita infatti: "se tutto quello che hai è un martello, tutto
ciò che hai sottomano diventa un chiodo". Nella comunicazione orale è facile ed
immediato spiegare, chiedere, chiarire: usare gli strumenti che la rete mette
oggi a disposizione vuol dire rinunciare quasi sempre all’interazione a voce,
visto che i costi della videoconferenza sono tuttora molto alti. D’altro canto
anche la comunicazione scritta ha i suoi innegabili vantaggi, per esempio rimane
sempre traccia di ciò che si è detto ed è facile tornare a rivedere ciò che è
stato scritto per evitare le ambiguità e le incomprensioni, inoltre il fatto di
avere più tempo a disposizione per riflettere, permette di usare una maggiore
attenzione e accuratezza nelle risposte. E non è detto che ricreare con la
tecnologia più raffinata l’interazione che si ha faccia a faccia sia tutto
sommato un vantaggio, sembra infatti che la creatività dei partecipanti sia in
qualche modo sollecitata dalle limitazioni offerte dal mezzo di comunicazione
usato:
"Esistono infatti, tutta una serie di situazioni in cui è
preferibile evitarne l’impiego, e nelle quali invece sarebbe sufficiente e
addirittura consigliabile ricorrere ad una interazione di tipo asincrono
ad esempio mediante la posta elettronica, che offre il vantaggio sia di
garantire maggiore continuità alla comunicazione fra i partecipanti, sia
di supportare quelle attività che non necessitano della presenza
simultanea.." (5, 1996). [Manca] |
Il quarto, la capacità di
collaborare e/o cooperare ad un progetto via telematica (interazione
many-to-many) utilizzando attivamente tutti gli strumenti che la rete mette
a disposizione. In particolar modo va evidenziata la capacità di costruire
pagine Web ipertestuali da condividere in rete con altri. Attenzione! Qui non si
tratta di padroneggiare il linguaggio HTML nelle sue più recenti e mirabolanti
specifiche: molti infatti pensano che basti creare pagine ricche di immagini e
collegarle in modo ipertestuale con altre, per produrre del materiale utile
all’apprendimento. Non è così. L’acronimo GIGO (Garbage In, Garbage Out -
spazzatura dentro, spazzatura fuori) coniato ormai un ventennio fa, è più che
mai vero: costruire una serie di pagine web con finalità didattiche non è un
compito meno difficile che scrivere un libro o girare un film sugli stessi temi.
Il fatto che si usino strumenti ipertestuali ed il risultato sia visibile in
rete, non garantisce automaticamente la qualità del prodotto. Sono necessarie
particolari abilità comunicative che vanno apprese ed affinate nel tempo, esse
allora permetteranno di presentare in maniera coerente ed efficace la conoscenza
che si vuole condividere.
Ed infine il quinto,
il più difficile da raggiungere, che prevede l'abilità di coordinare più persone
in rete utilizzando tutte le sue risorse. Questa abilità dovrebbe essere ben
padroneggiata da chi vuole costituirsi come punto di riferimento di un progetto
in Internet.
La tassonomia rispetta in modo concreto quelle che molto
probabilmente saranno le abilità richieste a coloro che useranno nel prossimo
futuro la rete per le loro professioni. Volutamente la tassonomia associa alle
abilità e agli obbiettivi degli strumenti specifici come il
World Wide Web e la posta elettronica e riflette proprio quello che è l’uso
odierno di questi strumenti nel mondo del lavoro.
A differenza però dell’interpretazione di quella di Bloom,
questa va intesa in modo non sequenziale ma piuttosto ricorsivo:
ovvero al primo livello non corrisponde quello di Bloom cioè la
Conoscenza, al secondo la Comprensione, e così via, piuttosto, le attività che
Bloom chiama di analisi, sintesi, valutazione, ecc.. possono verificarsi
contemporaneamente (6, 1996) e anche più volte, all’interno di ciascun
livello della tassonomia per l’apprendimento in rete.
3.Tassonomie di strumenti Ipertestuali
Sono state proposte delle
tassonomie per cercare di classificare i possibili usi degli strumenti
ipertestuali e, anche se non si riferiscono direttamente alla rete, ci sembrano
interessanti nel loro tentativo di dare una definizione delle abilità. Quella di
Duffy e Knuth (7, 1994) prevede ad esempio quattro livelli ed è senz’altro la
più vicina al nostro approccio:
Più vicina invece agli aspetti di
interazione che l’uso della rete favorisce, c’è la tassonomia proposta da Bruce
(8, 1995) e quella di Nickerson (9, 1997) ma sopratutto quella di J. Bonk
(10, 1995) dove sono proprio gli innovativi strumenti per
comunicare a costituirne l'ossatura e la definizione. In quest’ultima vi
sono cinque livelli che cercano di classificare gli strumenti di comunicazione
sopratutto per definire le attività di "collaborative writing", ovvero quelle
attività che due o più persone compiono lavorando assieme e condividendo lo
stesso testo nell’ambito di un progetto comune.
Bisogna essere sempre consapevoli che
questi strumenti tenderebbero per loro natura a far applicare un diverso modello
di insegnamento che si richiama al costruttivismo. Gli studenti,
utilizzandoli, saranno infatti in grado di esplorare i dati disponibili in rete
dialogando con loro pari e con altri e di ricavare da essi conoscenza piuttosto
che memorizzarli passivamente, di partecipare a progetti, di soddisfare
direttamente la loro curiosità, di dare e ricevere aiuto nel risolvere
problemi.
A questo proposito sono stati proposti
vari approcci teorici che si rifanno alle tesi di Piaget e di Vygotsky: si parla
perciò di apprendimento collaborativo in un contesto costruttivista se due o più
persone riescono a raggiungere degli obbiettivi a cui singolarmente non
sarebbero potuti giungere (11, 1990). Grande importanza viene data alle
differenze che le persone hanno nel modo di risolvere un certo problema: questi
diversi modi di approccio possono integrarsi reciprocamente e addirittura
modificare la comprensione del problema stesso. Vygotsky parla di "zona di
sviluppo prossimale" per proprio per definire:
" ..la
distanza fra l’attuale livello di sviluppo, determinato dal modo di
risolvere i problemi singolarmente, e il livello di sviluppo potenziale
determinato attraverso la risoluzione di problemi [..] in collaborazione
con altri più capaci." (12, 1978) [Vygotsky] |
In questo senso la rete, e gli
strumenti che essa mette a disposizione, dando la possibilità di mettere in
contatto tra loro un gran numero di persone di culture differenti e sparse in
tutto il mondo, potrebbe rappresentare veramente una zona di sviluppo prossimale
illimitata (13, 1997).
Apprendere, in questo
contesto, significherà allora non solo imparare i concetti di una specifica
disciplina, ma anche come usare al meglio gli strumenti per comunicare ed
interagire, così che i confini tradizionali fra l’imparare l’uso delle
tecnologie e imparare attraverso le tecnologie inizi a
sovrapporsi.
4. Internet influenza il nostro modo di pensare?
Internet non è quindi uno strumento del tutto neutro nei confronti dell’insegnamento: non possiamo infatti "usare" la tecnologia senza in qualche misura essere "usati" o influenzati da essa. Non si tratta di stabilire o meno se essa sia usata in modo corretto o scorretto, in effetti non abbiamo ancora imparato a pensare alla tecnologia come ad un qualche cosa che possiede in sé una sua propria "gabbia metaforica" che ci spinge ad interpretare la realtà in un modo piuttosto che in un altro.
E l’attenzione che va data
a queste considerazioni deve essere maggiore quando si parla di scuola (14,
1997): la scelta dello strumento "Internet" potrebbe veramente cambiare i
contenuti stessi della materia che viene insegnata attraverso di essa.
Internet perciò come strumento cognitivo piuttosto che banale nuova
tecnologia per la comunicazione.
Sopratutto in
funzione del grado di interattività che verrà scelto: ad esempio,
insegnare la storia attraverso la rete non significherà più far leggere delle
pagine di un libro (e nemmeno usare un cd-rom multimediale, se pensavate che il
problema consistesse soltanto nell’uso di un supporto elettronico ipertestuale).
Ma vorrà dire piuttosto immergersi in un contesto sempre aperto di
interpretazioni dei documenti storici. Sappiamo bene dalla storiografia che
nessun documento è mai perfettamente imparziale od esaustivo e se sorgono delle
domande non è possibile aspettarsi risposte dall’autore mentre con gli strumenti
che Internet offre, comunicare è quasi un atto istintivo.
5. Internet, il libro e la scuola
Se la scuola è oggi il luogo in cui le
conoscenze che provengono da molte altre fonti di informazione cercano di essere
organizzate in modo armonico e coerente attraverso i libri di testo e la
mediazione del docente, è anche vero che questa organizzazione è stata
istituzionalizzata e si è irrigidita nel corso degli anni. Essa vede sempre
l’inerte testo scritto come unico ed insostituibile sussidio alla "trasmissione"
del sapere da parte del docente, e così facendo ha permesso al testo di
condizionare le forme stesse della conoscenza.
Nel cinquecento, dopo l’invenzione della stampa, era considerato pericoloso lasciare agli studenti la possibilità di accedere autonomamente ai libri, e quindi ad una gestione autonoma dell’apprendimento. Addirittura, le varie Università Europee limitavano gli accessi alle rispettive biblioteche agli studenti dei primi anni. A tutt’oggi il condizionamento è ancora molto forte:
"..Forse ci vorrà
un lavoro più lungo di quello svolto all’interno di un corso, o forse
anche quello di una intera generazione, ma sembra che una parte
consistente degli studenti assuma che il vero materiale necessario
allo studio sia quello che si trova nel libro, mentre
l’apprendimento da esempi concreti e da fonti esterne [a quelle
scolastiche] non sia un apprendimento serio, ..piacevole magari, ma che
non conti veramente." (15, 1996)
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