Ipertesto
Nel 1945 Vannevar Bush (considerato i1 progenitore del concetto di ipertesto) propose un sistema di immagazzinamento e accesso dell'informazione da lui denominato "Memex" (Memory Extender). Il sistema non fu mai implementato, né era possibile farlo con la tecnologia dell'epoca, benché Bush immaginasse un congegno futuribile a base di apparecchiature microfilm collegate tra loro. Ma l' idea teorica era chiara: permettere su vasta scala e con accessibilità immediata ciò che Bush stesso chiama "associative indexing" : "a provision whereby any item may be caused at will to select immediately and automatically another". Permettere cioè legami "trasversali" che non seguono la struttura lineare del testo; o, ancora, permettere legami tra porzioni di testo, veicolanti unità di informazione, di natura non lineare, ma la cui struttura può essere determinata a piacere. La caratteristica concettuale fondamentale dell'ipertesto è quella di rompere la linearità del testo. Possiamo schematizzare la struttura del testo nel modo seguente. Il testo è un' organizzazione rigidamente unidimensionale e unidirezionale: è una linea percorribile in una sola direzione (è questa caratteristica che, per brevità, chiamiamo "linearità", anche se andrebbe più correttamente detto "unidimensionalità unidirezionale": non si può leggere un testo all' "indietro"). Ciò avviene poiché il testo è non soltanto fondato (come è ovvio), ma anche modellato (e ciò non è invece ovvio) sulla forma inerente del medium fondamentale della comunicazione umana: il linguaggio verbale orale. Quest' ultimo essendo mappato nel tempo (e non nello spazio) deve tradurre linearmente tutti i livelli della sua strutturazione: dai suoni che compongono le parole, alla sintassi che le organizza nella frase, all' insieme di frasi che costituiscono il discorso, tutti gli elementi vanno disposti in una sequenza prima-poi. L'ipertesto è invece schematizzato nella figura che segue.
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Chiunque scriva un testo, anche non solo narrativo, bensì un testo di una certa ampiezza, quale potrebbe essere un documento o una relazione, sa benissimo che esistono varie fasi: ci può essere una fase di preparazione, di appunti, del riordinare gli appunti; poi c'è la fase di inserimento o di ampliamento. L'ipertesto permette di avere un testo che, in un certo senso, è tridimensionale, non è soltanto lineare, ma com'è ovvio nel procedimento dell'ipertesto, si possono scavare delle direzioni, delle ramificazioni. In questo modo si può lavorare rapidamente, invece di avere migliaia di fogliettini sparpagliati (che poi non si sa più dove trovare) che bisogna classificare, che bisogna appuntare. A volte ho visto degli scrittori tappezzare le pareti di biglietti e di fogli perché avevano bisogno di avere tutto sott'occhio per poi connettere e riconnettere; capisco benissimo questa esigenza. Ora, la macchina, permette di fare tutto questo in modo rapido, veloce, sintetico, senza sciupare né troppo tempo, né troppo spazio. E' un formidabile meccanismo la macchina di scrittura! Però, ripeto, è l'uso che se ne fa che può permettere di raggiungere nuovi risultati, perché si può benissimo usare la macchina per scrivere il più tradizionale dei romanzi. Ho più dubbi, ora come ora, sulle possibilità di lettura che può, invece, avere un ipertesto, perché, a mio avviso, leggere attraverso uno schermo è sempre qualcosa di più difficile, di più faticoso, di più forzoso in confronto alla pagina del libro. La pagina del libro riesce ancora ad essere la cosa più semplicemente utilizzabile per conservare della scrittura. Poi, c'è già anche un'abitudine, in base alla quale, la pagina di un libro da sempre si legge come un ipertesto, non si legge mai proprio nel modo assolutamente lineare: c'è già, da sempre, un'abitudine di saltare e di connettere perché la mente opera tutti questi passaggi e questi procedimenti. Direi che nella scrittura si tiene anche conto di questo; si dice una cosa prima sapendo che dopo si dovrà ritornare indietro per riallacciarsi a ciò che si è scritto. Tutte queste intersezioni, questo fatto di rendere tridimensionale la scrittura è qualcosa che è già implicito nei procedimenti letterari; anzi, è tra gli aspetti che più la rendono interessante e stimolante. |
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Per costruire un ipertesto, prima di tutto, bisogna avere un'idea ipertestuale. Questa sembra un'ovvietà, però non è così. Ad esempio, se io prendo "Guerra e pace" con la pretesa di trasformarlo in un ipertesto, il risultato sarà per lo meno discutibile. Un ipertesto nasce se alla base c'è un'idea che implica o la simultaneità o la differenziazione di percorsi, cioè elementi che sono diversi dalla sequenzialità narrativa. Quanto descriverò adesso è, in linea di massima, il procedimento seguito da uno scrittore; un uomo dell'immagine, un uomo del cinema o del video probabilmente procede in un altro modo. Ossia questa che segue è una formula individuale che si riferisce all'esperienza di una persona che viene dalla scrittura. Ho affermato che, alla base, serve un'idea ipertestuale: il passaggio successivo è la trasformazione di quella idea ipertestuale in una struttura. In questo caso la struttura viene prima della scrittura. Non c'è la sequenzialità automatica che ordina la scrittura, quindi bisogna creare l'ordine prima di farlo. Quindi normalmente si fa un grapho. Questa parola di origine greca si utilizza in matematica per descrivere un certo tipo di modellistica, di descrizione dei fenomeni. Ad esempio, il grapho più conosciuto è l'albero genealogico. Il grapho serve a mettere in rapporto le diverse parti per riportarle su uno schema che può diventare tanto complesso quanto si vuole. In genere si cerca di rendere un grapho il più chiaro possibile proprio per evitare difficoltà inutili per il lettore. Fatto questo, si vedono i ritmi e le interconnessioni, ossia la fine di ogni parte, che rapporto hanno le scelte fatte dal lettore rispetto ai punti nei quali il lettore rientrerà nel testo; in altri termini, le strade che aprono i links devono avere un loro stile, un effetto particolare. Il passaggio successivo è la traduzione di tutto questo in un linguaggio che lo renda ipertestualmente nel computer. Normalmente si utilizzano dei linguaggi di programmazione. Una volta avvenuta questa traduzione per il computer, si passa alla lettura sullo schermo e all'inserimento delle immagini. Di seguito comincia una fase di collaudo sperimentale, quindi la fase in cui si cercano degli errori, che è assolutamente naturale commettere. Il momento conclusivo è costituito dalla compilazione, passaggio in cui si produce una copia del prodotto fruibile, utilizzabile dagli utenti. |
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Dalla testualità all'ipertestualità di
Andrea Petrucci |