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Digitallab ha intervistato Paolo Dell'Aquila (Dottore di ricerca in Sociologia e Politiche
sociali) autore del libro: "TRIBÙ
TELEMATICHE - Tecnosocialità ed associazioni virtuali" Guaraldi Editore.
Per ulteriori informazioni sugli studi
del dott. Dell'Aquila vi segnaliamo http://www.cittadigitali.it/comunitavirtuali/
buona lettura! *** D: Quali sono, a suo
parere, le motivazioni che spingono una così ampia massa di individui a
frequentare ed a partecipare attivamente a questi incontri
'virtuali'? R: Le comunità
virtuali svolgono prevalentemente tre funzioni. Le prime sono di carattere
strumentale, ovvero indirizzate allo svolgimento di compiti specifici
(reperimento di informazioni, elaborazione di progetti in rete, ecc.).
Le seconde sono invece di carattere espressivo: si
declinano nella volontà di stare insieme, di sperimentare forme nuove di
socialità grazie alla comunicazione mediata da computer. Il terzo tipo di funzioni attiene alla sperimentazione
dell'identità, manifestandosi nel desiderio di verificare fino a che punto
si possono modificare i confini del proprio sé. Si elaborano così delle
maschere sociali come nei giochi di ruolo per prepararsi ad esperienze che
possono alienare fortemente i singoli rispetto alla vita reale. Questi tre interessi rappresentano tutti dei forti motivi per incoraggiare l'adesione alle Tribù telematiche che ho descritto nel mio sito e nel mio volume. *** D: Cos'è la
Comunità Virtuale e in che modo differisce dalla Comunità Reale? Comunità virtuali e reali sono
unite dal sentimento del "noi collettivo" che si sviluppa in entrambi i
casi. Tutti i gruppi sono "comunità immaginate", fondate su un senso di
autorappresentazione, di definizione di regole di convivenza sociale e di
modelli di vita comuni. La comunità classica è fortemente radicata ad un
contesto territoriale, come ho illustrato in un mio
saggio; la tribù telematica nasce e si organizza nel cyberspazio ed ha
i caratteri di una rete fluida, sempre in movimento. In entrambi i casi è
necessario sviluppare dei mondi vitali condivisi e darsi una
strutturazione atta ad impedire una veloce implosione. Ho cercato pertanto di
distinguere fra gruppi di tecnosocialità (come le chat line o i gruppi ludici) e le
associazioni virtuali che
sanno conferirsi norme proprie, svolgendo funzioni individuate e
perseguendo fini comuni. Un gruppo virtuale sopravvive grazie alla sua capacità di essere una teleorganizzazione, di dotarsi di una struttura con norme certe (a partire dalla netiquette), per raggiungere degli obiettivi che lo rendono più coeso, aumentando l'appartenenza dei singoli. D: Quali sono gli ingredienti fondamentali per
strutturare e mantenere 'viva' una comunità virtuale? Sviluppato questo aspetto di
teleorganizzazione, occorre però non dimenticare quello di mondo vitale,
ovvero delle norme e dei costumi di gruppo che creano l'atmosfera emotiva,
il clima comune. Tutto ciò si traduce nella condivisione di simboli (o
"maschere") comuni, preparati tramite un duro lavoro di ricostruzione del
sé collettivo. Quando prevalgono gli aspetti
ludici, ci troviamo di fronte ad una rete di tecnosocialità; nel caso
opposto siamo in presenza di un'associazione virtuale che sa organizzarsi
per fini collettivi (pensiamo alle mailing list, ai newsgroup, ecc.).
*** D:
La
globalizzazione è al centro di numerosi dibattiti. In un mondo
globalizzante i confini non hanno più ragione d'essere. In questo nuovo
scenario, non crede che le comunità virtuali La globalizzazione ha portato
anche a fenomeni di "glocalismo", ovvero di ritrovamento di vie locali per
affrontare i problemi globali. Nel nostro caso si può pensare
ai gruppi legati alle reti civiche, che possono sviluppare aree di
dibattito su questioni territoriali e favorire lo sviluppo della
democrazia elettronica. Bisogna infatti valutare la necessità di elaborare
delle vie locali alla società dell'informazione, che sappiano declinare in
base allo spirito del luogo (al genius loci) le esigenze che
provengono dalla società globalizzata, come hanno indicato gli studiosi
del CEAQ di Parigi. *** D:
Quali sono
(se ci sono) i pericoli legati a questo nuovo modo di relazionarsi
all'altro? Nel caso delle associazioni il
discorso può essere diverso; alcune di esse hanno costituito l'interfaccia
fra reale e virtuale, fra gruppi e subculture off-line ed il cyberspazio. Nel
caso dei gruppi dei community
network, l'interazione fra virtuale e reale è ancora più preponderante
e dimostra che il tempo vissuto in rete può ampliare i modi di rapportarsi
agli altri, costruendo forme di comunicazione alternative che possono
arricchire la personalità. *** D:
Rispetto alla questione della democrazia di cui la rete sarebbe
portatrice, cosa ne pensa? R:
I gruppi virtuali possono svolgere funzioni antitetiche. Da un
lato nascondono il pericolo di creare gruppi instabili, liberamente
fluttuanti alla ricerca di nuovi strumenti di intrattenimento puro e di
socialità fini a se stessa. Dall'altro lato, le associazioni
virtuali possono provvedere alla socializzazione dei propri
aderenti, all'elaborazione di informazioni, alla proposizione di
progetti politici, alla partecipazione al governo pubblico.
I gruppi strutturati sono quindi
in grado di svolgere i ruoli già ricoperti dalle loro controparti "reali"
(si pensi al terzo settore). Perché ciò possa accadere occorre dotarsi di
alcuni strumenti tecnici e delle capacità progettuali atti ad utilizzarli
al meglio. Da un lato è necessaria
un'organizzazione reticolare, con tanti piccoli gruppi "chiusi", dotati di
competenze specifiche ed operanti in maniera trasversale (atti a proporre
a tutti gli aderenti progetti ed azioni mirate). Occorre poi assicurare lo
sviluppo di assemblee trasversali comuni, dove elaborare delle "liturgie"
atte a cementare il senso di appartenenza degli aderenti. Per questo può essere di aiuto
sviluppare un ancoraggio ad un dato territorio (come accade nei community network). Ritengo,
inoltre, probabile che le associazioni virtuali nel tempo funzionino come
responsive community (Etzioni), coagulando
gruppi che agiscono in base ad un ethos, a valori, norme ed
abitudini culturalmente situate.
Essi possono essere o meno localizzati in un territorio geografico
(o ideale), ma garantiscono quel grado di coesione sociale atto a
rilanciare l'impegno etico e civile dei netizen. Brevemente, le
associazioni virtuali costituiscono ponti con l'ambiente reale, favorendo
la formazione di una nuova società civile. Il pensiero
comunitarista ci può dare un'idea di come sperimentare vie "glocali"
alla società dell'informazione, dove i gruppi dei community network, le associazioni
on-line e quelle "reali"
confluiscono dando origine ad una sfera pubblica molto segmentata. *** D:
Un'ultima domanda. Riguarda la legge sull'editoria che prevede
la registrazione dei siti d'informazione. Tale provvedimento ha scatenato
forti critiche ma anche panico in Rete. C'è chi parla di censura, facendo
forti riferimenti all'ideologia del regime fascista. Lei cosa pensa a tal
proposito? R: La legge attuale penalizza di fatto molti siti
che vorrebbero dedicarsi alla controinformazione o che non possono dotarsi
di una struttura professionale. Rischia quindi di finire col limitare la
libertà di espressione e di informazione, che viene ribadita da molte
fonti normative (tra cui la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo).
Per questo il suo risultato ultimo può essere contrario al fine
progettato, minacciando di introdurre nella rete una cultura del controllo
che non riuscirà a reggere a lungo.
vuoi dire la tua? Lascia un messaggio nel forum di digitallab!
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